Giovedì 13 alle 5 della sera sarò all’Istituto Studi Filosofici insieme a Guido Viale per la presentazione del libro “Lotta Continua”.
Se qualcuno è interessato a sapere qualcosa sugli eventi che hanno coinvolto alcuni di noi vecchi dal 1966 al 1976 può venire. Se qualcuno è interessato a manifestazioni nostalgiche glielo sconsiglio.
Il sottotitolo recita “niente da dimenticare”. Giampiero Mughini tra i protagonisti di un recente preteso documentario trasmesso dalla RAI ha sentenziato: “Lotta continua non ha lasciato nulla. Nel sentire comune quella stagione non c’è. Il gruppo credette di poter diventare attore di una storia”.
Giampiero Mughini, che per anni è stato direttore responsabile del giornale Lotta continua, che neppure leggeva, per puro omaggio alla libertà di stampa, ha detto - con la sua consueta acrimonia - quale fosse il delitto di quel movimento: avere osato voler essere “attore di una storia”. Né la Storia, né il protagonista, neppure una particina in una qualsiasi storia. E’ l’idea fissa di una struttura di potere fatta di persone che sanno di non avere alcun merito, che sanno che molti di quelli su cui esercitano il comando sono più competenti, più vivi, più dignitosi di loro, meno infelici. A tutti i sottoposti va negata la parola, va negato il diritto di parola nella scena pubblica.
Mughini e quelli come lui, per negare l’essere attore a Lotta Continua, devono negare anche l’esistenza di un vasto movimento che ha preso la parola mezzo secolo orsono, una parola che Lotta Continua ha semplicemente raccolto e restituito ai veri protagonisti che erano gli oppressi del tempo e che sono anche gli oppressi di oggi.
Per chiudere definitivamente quella “parentesi” è stato necessario un processo in cui si è “dimostrato” che chi osa ribellarsi finisce inevitabilmente nel crimine. Contenti così…
Ma siete proprio sicuri che nel sentire comune non c’è restato nulla? Forse non ha gli stessi nomi, forse non ha una organizzazione, forse non sa cosa va cercando, ma certamente finché c’è qualcuno che riesce a usare la ragione e la parola semplicemente per esserci, senza accettare verità preconfezionate ad uso del potere, significa che qualcosa resta; o rinasce, fa lo stesso.
Il rap composto da una classe di scuola media di Ponticelli recita: “stamme ‘cca, samme sempe ‘cca, stamme tutte quante cca. Si vuo qualcosa te le a‘ creà”. (Stiamo qua, stiamo sempre qua, stiamo tutti qua, se vuoi qualcosa te lo devi creare).
Cioè non vi liberete di noi tanto facilmente.