Scritto da Cesare Moreno e Nicola Magliulo
L’invasione dell’Ucraina decisa da Putin è completamente fallita.
Il popolo e il governo ucraino non hanno ceduto rapidamente come gli inermi operai di Berlino Est nel 1953, come gli insorti ungheresi nel 1956 e neppure Putin ha potuto entrare nella capitale senza resistenza fingendo un ”aiuto fraterno” come a Praga nel 1968.
L’”operazione speciale” è una cornice ideologica troppo debole rispetto alla “fratellanza comunista” e rispetto al fatto di avere o meno delle basi nei territori da invadere. Il popolo ucraino che da secoli combatte per la propria indipendenza non poteva accogliere l’armata russa – con bandiera rossa o bianco blu - come liberatori. Neppure gli ucraini che parlano russo.
I commando e gli infiltrati che hanno l’incarico di uccidere Zelenky hanno fallito, la guerra elettronica non ha impedito a Zelensky di comparire sugli schermi di tutto il mondo per sostenere la resistenza e chiedere aiuto. Gli equilibri economici e diplomatici si sono spostati in tutto il mondo in modo sfavorevole alla guerra di Putin.
L’offensiva militare terrestre è impantanata e all’esercito russo restano solo bombardamenti terroristici e assedi criminali. Sotto tutti gli aspetti si tratta di una sconfitta chiara ed è il momento migliore per fermare la guerra subito e avviare un processo di pace.
Non sembrano dello stesso parere il governo Biden, il governo Polacco e quella parte della NATO che ha pensato che la sua espansione potesse continuare all’infinito e che oggi vuole usare l’eroica resistenza ucraina per stravincere ed umiliare l’impero russo.
L’Europa per troppo tempo è andata a rimorchio di due traini che si muovevano in direzione diversa: quello militare a trazione NATO ed USA che l’ha portata disinteressarsi dei focolai di guerra che covavano ad est; quello economico a trazione tedesca che pensava a raddoppiare la dipendenza dal gas russo in una misura pericolosa in cambio dell’espansione di un vasto mercato dominato da oligarchi. Ora che in qualche modo l’Europa ha trovato la massima unità possibile tra pulsioni belliche e interessi economici, è il momento perché prenda anche una decisa iniziativa di pace; perché, senza abbassare la guardia della difesa, fermi immediatamente le armi, perché si fermi ogni istigazione alla guerra e si chieda con forza un armistizio generale.
L’Italia deve prendere l’iniziativa recuperando su un piano di civiltà e di pace quei buoni rapporti, anche se nati da opportunismo ed ambiguità, che ci sono stati fino a pochi mesi orsono, con la Russia; l’Italia - allo stesso modo in cui ha inviato armi - deve chiedere che quelle stesse armi, senza essere dismesse, siano messe a tacere per cominciare colloqui di pace basati su compromessi accettabili da entrambe le parti.
È l’ora di smettere, in Italia, con le beghe da cortile, con le divisioni rappresentate, in perfetta coerenza con la logica bellica, come una lotta tra filorussi prezzolati, pacifisti imbelli, governanti “realistici” che puntano solo sulle armi.
È l’ora di dire che, qualsiasi siano le motivazioni, siamo uniti nel chiedere un cessate il fuoco immediato ed un armistizio che apra alla pace.