Laboratorio di Freestyle rap e composizione musica elettronica

Intervista al Rapper Lucariello

Tra le novità per il 2015/2016 del progetto Giovani per i Giovani,  Maestri di Strada ha dato vita al laboratorio di Freestyle rap e composizione musica elettronica. Il gruppo guidato dai Maestri di Strada Irvin Vairetti e Pasquale Marigliano, ha offerto ai nostri giovani la possibilità di avvicinarsi alla musica Rap, con la collaborazione di Lucariello, noto Rapper napoletano che affronta nelle sue canzoni tematiche attuali come storie di ragazze madri, di giovani minorati che desiderano l'amore, di prostitute africane che vogliono tornare a casa, di uomini introversi che fanno viaggi interminabili con la mente.

Alla fine di questa esperienza abbiamo fatto qualche domanda al Rapper, per capire meglio cosa ha lasciato ai ragazzi e cosa magari i ragazzi hanno lasciato a lui.

Il senso dei laboratori non è legato al fatto di portare o dare qualcosa ai ragazzi che si incontrano –spiega Lucariello-, ma è tutto basato sullo scambio, ognuno di noi prende e da’ qualcosa in questo modo di lavorare, me compreso. Ci sono stati molti input, ho imparato molto, posso dire anche a livello tecnico su come lavorare su certe cosa. Ognuno ha il proprio modo di approcciarsi all’universo artistico, perché non esiste un metodo assoluto e più giusto di lavorare, ma esiste il modo adatto ad ogni singola persona.
Sono uscite fuori diverse realtà, scopri ogni volta che non c’è un format prestabilito, ma ti rendi conto che hai a che fare con realtà diverse, uno scambio di opinioni, idee, esperienze di vita ed è proprio su questo che cerchi qualcosa su cui lavorare e che poi ti resta dentro per sempre.

La bellezza di questo laboratorio è stata trovare delle persone molto “appassioniate”; io credo che se i ragazzi lavorano con passione è più facile. Il problema è quando incontri giovani che con la testa non sanno bene cosa fare, non sanno cosa vogliono e vanno avanti senza sentimento; quando invece c’è la passione basta solo mettere un po’ di benzina in più per farla incendiare, ma se la passione non c’è ti tocca metterti lì e strofinare le pietre per far scattare una prima piccola scintilla. Ma a dir la verità, in questo laboratorio mi sono divertito particolarmente, perché ho notato che in molti di loro la fiammella era già accesa.

Che sguardo hanno secondo te questi ragazzi sulla vita? Cosa guardano rispetto a te, ti hanno fatto scoprire una finestra in più sul mondo?

Io li vedo piuttosto adulti. All’età loro ero più sognatore, più ingenuo e ci illudevamo di più di poter fare qualcosa di grande per l’umanità. Loro invece sono da un lato più disillusi ma allo stesso tempo più realisti, vivono la vita così com’è senza fare troppi viaggi mentali e, non vogliono cambiare il mondo magari come ci lusingavamo di fare noi da giovani, ma vogliono cambiare prima se stessi e forse è proprio questa la vera rivoluzione.

Dopo aver lavorato insieme, avete deciso di metter su un pezzo, di cosa parla?

È stato divertente. Gli ho proposto di fare qualcosa di provocatorio, di raccontare la nostra realtà in modo stuzzicante e non secondo i soliti stereotipi. È nato così un testo su un ragazzo di buona famiglia che incontra una ragazza e se ne innamora. Man mano però il giovane si imbatte in una vita che è molto lontana dai suoi canoni perché scopre che la ragazza è figlia di un boss, che vive sotto scorta con telecamere che la controllano continuamente. È una storia di amore, che vede lei combattere contro una vita che la sta buttando giù come una nave che affonda, ma sa che lui potrà essere la sua ancora di salvezza e per questo non lo vuole perdere. Non si parla quindi della solita retorica antimafia, che ormai conosciamo bene, ma c’è più un coinvolgimento sentimentale, dove ci si trova completamente immersi nei panni di chi vive una realtà di questo tipo e di chi invece non sa bene di cosa si tratta.

Come hai organizzato il laboratorio?

I tempi erano molto ristretti ed abbiamo seguito degli schemi precisi. Siamo partiti innanzitutto dal conoscerci meglio; poi ho pensato di testare il “livello di passione” di ognuno di loro ed in seguito siamo passati ad un livello più tecnico, lavorando singolarmente sulle strutture poetiche, sulle rime, sulla metrica e sul loro inserimento nel testo. Successivamente abbiamo iniziato a scrivere, cercando di selezionare la qualità rispetto alla quantità, ma allo stesso tempo dando a chi credeva di non riuscirci, la possibilità di osservare ed integrarsi in un livello superiore.

Dato che alcuni ragazzini continueranno questo laboratorio, cosa gli consigli?

Gli consiglio innanzitutto di non mollare, di coltivare sempre la passione, di capire se il rap, questo tipo di poesia, ti emoziona e ti appassiona come strumento di sfogo e liberazione. Soprattutto gli consiglio di non fermarsi al primo blocco, perché anzi proprio da lì ci sarà la spinta giusta per andare avanti.

Ma il rap si fa da soli o in gruppo? A volte i rapper sono dei lupi solitari, ma dopo questa esperienza credi che si può lavorare in gruppo?

Il Rap innanzi tutto è musica; la musica ci insegna ad ascoltare e quindi ci deve essere qualcuno che ascolta e qualcuno che parla, perché non puoi ascoltarti da solo. È ovvio che ci sono momenti in cui magari vuoi stare da sola, perché concentrato nel tuo momento creativo, ma subito dopo è importante la condivisione, perché da soli non si va da nessuna parte.

 

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